I doni di Chiara

Il dolore deve sedimentare. Eppure Chiara lo ha già trasformato in seme che dà nuovi frutti, come ha fatto il padre, Fabrizio Meoni sedici anni fa, quando morì in un incidente, tra le dune del deserto africano, lungo la rotta della Dakar.

I doni di Chiara sono le parole d’amore delle amiche del cuore, dei compagni di scuola e di Matteo, il suo fidanzato, testimoni della forza di una ragazza di 18 anni che si era appena affacciata al mondo dei grandi, e ha dovuto combattere contro un male inguaribile che dopo sei mesi d’ospedale, l’ha sopraffatta.

Ha lottato con tenacia, coraggio e speranza

usando la stessa forza d’animo con cui ha sempre incoraggiato le amiche a superare le difficoltà, a realizzare i propri sogni, a osare, a guardare oltre e a non mollare mai. Gratitudine è la parola e il sentimento vero che sul prato del “campino” dell’oratorio del Rivaio, si fa strada nel dolore che lascia tutti impietriti.

A Castiglion Fiorentino, su questo prato, si è riunita un’intera comunità per l’ultimo saluto alla figlia, sorella, amica, che tutti avremmo voluto avere, un dono prezioso per la mamma Elena, il fratello Gioele e Matteo che con Chiara aveva incrociato i propri sogni e progettava il futuro.

Il dolore deve sedimentare, ma Chiara ha voluto essere d’aiuto

, pensare agli altri, perfino nel giorno del suo funerale: sapeva che nella lotta contro la malattia avrebbe potuto non farcela; per questo prima di andarsene, ha voluto scrivere l’ultimo pensiero per quanti l’hanno amata o solo incontrata, ma che non dimenticheranno il dono consegnato a ciascuno: il suo sorriso. “Non mollate mai, vivete con il sorriso per raggiungere i vostri sogni. Io l’ho fatto, tenetemi d’esempio e nel cuore”, sono le parole di Chiara raccolte nella foto-ricordo che fissa l’immagine di una ragazza bellissima e indimenticabile.

Sono centinaia le persone che su questo prato piangono, si tengono per mano, si domandano perché oppure ammutoliscono, perché non ci sono parole di fronte alla perdita di una vita appena sbocciata. Colpisce pensare che nella chiesa-santuario del Rivaio, la parrocchia della famiglia Meoni dove Chiara è nata e cresciuta, solo quattro anni fa ha ricevuto la Cresima.

Si fa fatica a comprendere, a trovare un senso. Ma è ancora Chiara a indicare la via, a dare l’esempio, a dire che bisogna trasformare il dolore in amore per la vita da custodire perché corre veloce, ad andare all’essenza, a non dare niente per scontato e ad apprezzare ogni istante, ogni respiro. E’ lei a confortare e sostenere, ancora una volta e nel giorno del distacco.

Un giorno speciale, il giorno della Pentecoste, la Pasqua compiuta. Da gennaio, Chiara ha attraversato la Quaresima e la Passione insieme a Gesù, è salita sulla Croce ed è rinata, nella vita senza fine. Non se n’è andata e non lo farà mai: Chiara è qui e lo sgomento sui volti delle persone, il silenzio su questo prato è squarciato dalle rondini in giostra che girano sopra la bara e sembrano incoraggiare al ricordo, il luogo dove Chiara ora vive.

I suoi doni “sono già seme che sta dando frutti” dice padre Emanuele nell’omelia, come quelli generati dal padre dopo la morte, con i progetti della Fondazione-Onlus che porta il suo nome ed Elena e Gioele mandano avanti occupandosi di Africa, la seconda “casa” del campione di motociclismo.

“Un figlio cresce con te, lo porti in pancia nove mesi e pensi che sarà lui a portarti al cimitero e invece…”.

Elena ha lo sguardo fisso sulla bara di legno chiaro mentre scandisce le parole di madre che ha perso la figlia e vive la sofferenza con grande forza e dignità insieme al figlio Gioele; “due giganti” li definisce il sindaco Mario Agnelli molto provato, con la voce spezzata dal dolore nel suo saluto a Chiara. Accanto all’altare, c’è il gonfalone della città a dire che tutta Castiglioni oggi ha perso una persona cara e il lutto cittadino è il segno tangibile della partecipazione.

Ho un’autonomia di pochi secondi. Potrei dire del cordoglio che ho ricevuto da tutt’Italia. Lo farò quando sarà possibile, ma se non avessi avuto il coraggio di dire neanche una a nome della città di Castiglioni mi sarei dovuto vergognare rispetto a chi il coraggio l’ha avuto da vendere. Le parole che ho sentito di più in queste ore sono: è stata un’ingiustizia, ma come è possibile; ho sentito anche da credenti e non, che Chiara ora potrà incontrare Fabrizio. Allora Chiara, fai una cosa: quando vedi Fabrizio, digli che hai lasciato una mamma e un fratello che sono due giganti e che la Dakar l’hanno vinta anche loro con il coraggio che hanno dimostrato”.

Il silenzio si trasforma in applauso e lacrime. Sul prato del “campino”, ci sono i compagni di scuola del quarto anno del liceo linguistico che con Chiara hanno condiviso studio e sogni; le amiche del cuore si avvicinano al microfono per l’ultimo saluto. “Il 23 gennaio di quest’anno mi guardasti dritto negli occhi e mi dicesti: se io dovessi morire ricordati che ti ho amata tanto, Longo” sussurra una ragazza e un’altra giovane ringrazia Chiara “per aver portato il tuo sorriso nelle nostre vite e per averci insegnato tanto”.

Palloncini bianchi volano in alto, mentre una lanterna di carta di riso tentenna

, prima di librarsi nell’aria, fa qualche giro sopra le teste delle persone, poi plana tra le mani di Matteo, il fidanzato di Chiara che accarezza la bara rivestita di fiori della mamma e del fratello, accanto al cuscino di rose rosse a forma di cuore dove è scritto il suo nome e simboleggia il loro amore. “Chiara, siamo sempre stati insieme; ti ringrazio per ciò che mi hai insegnato. Ti amo con tutto il cuore. Buon viaggio, Chiarissima”.

Il rombo delle moto riecheggia nel vento che danza sul prato, col sole che resiste alle nuvole: sono i centauri venuti a rendere omaggio a Chiara nel ricordo del padre. Il rombo si fa intenso e prolungato: come se in sella alla sua moto fosse venuto qui anche Fabrizio Meoni a prendere la sua piccola Chiara per un viaggio senza fine.

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