Li ho osservati uno ad uno. Ho visto le loro lacrime e i volti tirati, occhi bassi e increduli.
Ho ascoltato parole d’amore e di dolore, ho sentito voci spezzate in gola, lo strazio del distacco che impatta con la gioia dell’amicizia che a 18 anni è la prima vera esperienza totalizzante. Ci si incontra, ci si riconosce, le affinità prevalgono insieme ai sogni da dire e condividere e ci si sceglie: comincia un percorso tra i banchi di scuola e i pomeriggi dopo lo studio, si cresce insieme mettendo in comune i giorni, gli stati d’animo, ciò che accade. Si vive un rapporto intenso, di complicità e di scoperta, ci si misura con i primi interrogativi esistenziali, i primi impegni con se stessi e gli altri, le scaramucce e gli innamoramenti.
A 18 anni non si è preparati al dolore, a fare i conti con la morte
e del resto, vale ad ogni età, perché non esiste una scuola che alleni alle lacrime. Ma a 18 anni tutto questo diventa un bagaglio pesantissimo da portare sulle spalle di giovani donne e uomini che vivono la meraviglia dell’età, la spensieratezza e la pienezza di anni leggeri e velocissimi, che resteranno nei ricordi di adulti, forse come quelli più rimpianti.
A 18 anni non c’è la parola tumore nel vocabolario dentro lo zainetto
o nel serbatoio dello scooter che macina chilometri sulle stradine della campagna castiglionese in un giorno d’inizio estate. Non ci sono le parole ospedale, chemio, malattia. Eppure i ragazzi della Compagnia di Chiara quelle parole le hanno masticate nei mesi in cui la loro compagna affrontava una prova più grande di lei. E nonostante l’età, hanno dimostrato la maturità e la responsabilità che, di solito, si fa fatica a riconoscere ai giovanissimi dipinti troppo spesso e troppo superficialmente come individualisti, edonisti, insofferenti.
Le amiche del cuore di Chiara hanno fatto un pezzo di strada insieme a lei, al suo fianco e accanto al suo letto anche nei giorni più terribili e sono state sempre loro a confortare e a incoraggiare gli altri compagni di classe attoniti e immobili. Non era scontato e fa onore a ciascuno di loro.
Ho parlato con alcuni prof della 4M del liceo linguistico che mi hanno raccontato la forza e l’unione di questi ragazzi. Ma tutto ciò, deriva da Chiara e dai doni che continuerà a dispensare: dalla sua sofferenza è stata capace di trarre il coraggio per sé e per gli altri, la determinazione a “non mollare mai” come ha scritto nel suo ultimo pensiero che rappresenta l’eredità morale per quanti l’hanno amata o conosciuta.
La “lezione” di Chiara è dal suo letto d’ospedale quando si collegava in dad con la sua scuola e partecipa alle lezioni. C’è di più: “Voglio i voti”, ripeteva agli insegnanti. Niente sconti per la sua condizione, Chiara ha voluto essere interrogata e valutata al pari dei compagni di classe. E’ una prova enorme di coraggio e profondità che consegna a tutti e in particolare ai suoi amici affinchè la tengano d’esempio e la ricordino nel viaggio della vita.
L’amore per lo studio e la conoscenza, il ragionamento, la capacità di ascolto e confronto, sono un’altra lezione di Chiara da mandare a memoria e da metabolizzare per crescere bene e diventare adulti consapevoli e responsabili. Il seme sta già dando i frutti.
In questi ultimi mesi ho avuto il privilegio di incontrare Chiara
attraverso messaggi che ci siamo scambiate e ho capito la profondità del suo animo, lo sguardo – alto – sulla vita, le cose, il mondo, la sofferenza. Chiara è oltre e sono convinta che lo sia sempre stata; oltre le convenzioni, i giudizi, le ipocrisie, le convenienze.
Mi ha insegnato moltissimo nel poco tempo che ci siamo incrociate e le sono grata
Osservando i suoi amici, ascoltando i messaggi d’amore nel giorno del distacco, gli impegni per il futuro assunti nel suo nome, penso alla parola “responsabilità” che Chiara ha messo in pratica e ora affida a tutti come uno dei suoi tanti doni. Responsabilità per ogni istante, per ciò che conta veramente, per l’autenticità e la semplicità di giornate ricche di valori e umanità; responsabilità per la cura della vita che è il bene più prezioso e più fragile; responsabilità di fronte a scelte che impatteranno sulle vite degli altri; responsabilità nel lavoro che verrà e nelle famiglie che si formeranno.
La Compagnia di Chiara camminerà lungo le strade del mondo con lei accanto
, a proteggere e a illuminare la strada. I ragazzi, oggi dilaniati dal dolore della perdita, diventeranno donne e uomini con ruoli e compiti nella società che costruiranno, ma Chiara sarà sempre lì, in tutti i loro giorni, a sostenere nella prova, incoraggiare nelle decisioni, confortare nella sofferenza e condividere la gioia. Non c’è né tempo né spazio tra la Compagnia e Chiara: sono tutti qui, per sempre. Insieme.
Mi auguro che al più presto ci siano progetti e iniziative dedicate a questa piccola-grande donna per dare il segno del suo passaggio terreno e alimentare il ricordo, il luogo dove ora Chiara vive.
Auspico questo slancio corale affinchè il dolore si trasformi in amore, come ha fatto Chiara nella sua breve vita e come vorrebbe fosse d’ora in poi.