“Miracoli” africani

La solidarietà concreta e silenziosa dei medici-volontari della Onlus Gli Occhi della Speranza

Sierra Leone, l’opera dei medici-volontari degli Occhi della Speranza nell’ospedale dove hanno portato un ambulatorio odontotecnico.

Scambio di letterine e disegni tra i bambini castiglionesi e africani. Gabriele Menci: “Un po’ d’Africa servirebbe a tutti”

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Un viaggio nuovo, ogni volta

Perchè l’Africa è così; perchè le persone che non hanno soldi per curarsi nelle strutture dove se vuoi salvarti devi pagare, si tengono tumori e malattie di ogni genere, in attesa dei medici-volontari degli Occhi della Speranza che operano gratis. Un viaggio nuovo, perchè nell’ospedale della missione di padre Ignazio, in Sierra Leone, i medici-volontari dell’associazione no profit guidata dal fondatore Carlo Landucci, hanno portato un altro pezzo di sanità importantissimo: l’ambulatorio odontoiatrico.

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Un viaggio nuovo, perchè è nato un gemellaggio tra i bambini delle scuole castiglionesi e i bambini della scuola del villaggio immerso nella foresta di palme

“Abbiamo lavorato in tre direzioni”, spiega Gabriele Menci, medico chirurgo che da tredici anni fa la spola tra Castiglion Fiorentino e la Sierra Leone.

Mi sono occupato dell’attività chirurgica intervenendo su patologie molto gravi. Si tratta di interventi inusuali per la nostra chirurgia: tumori inoperabili, uteri enormi, ernie giganti, patologie che arrivano ad essere tali perchè le persone non potendo permettersi i servizi dell’ospedale pubblico che sono a pagamento, preferiscono tenersi la malattia e aspettare che qualcuno operi più a buon mercato oppure gratis, come nel nostro caso. E la gratuità dei nostri interventi è molto utile perchè garantisce a tutti l’accesso alle cure. In Sierra Leone la vera emergenza non è quella alimentare, bensì l’assoluta mancanza del diritto alla salute e questa condizione grida vendetta. Ho assistito al caso di una ragazzina con un’appendicite acuta che avrei operato subito, ma all’improvviso è mancato l’anestesista e l’intervento è saltato. Lei era disperata perchè non aveva i trecento euro che servivano a pagare l’intervento chirurgico nell’ospedale pubblico”, commenta Menci.

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La novità dell’ambulatorio odontoiatrico attrezzato e impiantato dai medici-volontari nell’ospedale di don Ignazio è un altro segno concreto della generosità dei castiglionesi: “Per interessamento dell’azienda Menci abbiamo comprato e attrezzato l’ambulatorio per prestazioni odontoiatriche. Il dottor Daniele Buggiani lo ha messo in funzione e il servizio ha riscosso grande successo perchè in Sierra Leone le cure odontoiatriche sono un’eccezione in quanto a pagamento e dunque accessibili solo a pochi. Nella missione si è diffuso il passaparola e tantissime persone sono venute da noi”. A quelle latitudini il mestiere del chirurgo diventa anche un esercizio creativo, come nel caso di “una donna con un enorme fibroma uterino che arrivò in ospedale l’ultimo giorno, quando già avevamo chiuso i bagagli. Don Ignazio mi aveva pregato di operarla e io l’ho fatto. L’anestesista non era all’altezza della situazione e ho avuto difficoltà intraoperatorie. Ciononostante, sono riuscito a portare a termine l’intervento, poi sono ripartito per l’Italia pensando a quella donna. Tre giorni dopo ho chiamato don Ignazio per avere aggiornamenti e lui mi ha detto che era stata dimessa e tutto era andato per il meglio”.

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Gabriele Menci ha operato con il supporto di un altro medico, specialista in ecografia: Alessandro Crocioni, di Cortona. “In quelle situazioni non abbiamo alcun supporto diagnostico quindi la figura dell’ecografista è indispensabile per conoscere dimensioni, collocazione e operabilità della patologia”.

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L’abbraccio ideale dei bambini castiglionesi con i bambini africani della scuola cattolica della missione, rappresenta un momento del viaggio molto caro a Gabriele Menci.

“Ho ricevuto dagli alunni della terza elementare – sezione A e B – trenta lettere tradotte in inglese, destinate ai bimbi della Sierra Leone, oltre a materiale di cancelleria del quale gli studenti africani vanno matti perchè non ce l’hanno. I bimbi del villaggio hanno realizzato e inviato a quelli castiglionesi disegni che inneggiano alla collaborazione tra Italia e Sierra Leone. Mi piacerebbe che questo contatto continuasse negli anni anche con doni-simbolo molto importanti per i ragazzini africani; ad esempio un banco scolastico e una sedia in Sierra Leone costano 5 euro; sarebbe una bella iniziativa; ne parlerò con i responsabili scolastici”.

L’aspetto che ogni volta colpisce un “pendolare della carità” come Gabriele Menci, ormai vaccinato alla dura realtà della Sierra Leone, riguarda i valori che le persone custodiscono, fin da piccoli e nonostante la miseria. “La solidarietà e il sincretismo tra le varie religioni: c’è una fortissima collaborazione musulmani, cattolici, animisti. Un esempio: prima dell’adunata all’aperto nel piazzale della missione, si canta l’inno nazionale e poi viene recitata una preghiera musulmana e il Padre Nostro. Altro valore molto evidente è la gratitudine, purtroppo scomparsa in Italia. L’ho sperimentato direttamente, insieme all’intensità dei loro sorrisi, la capacità di smorzare i problemi della vita. Da questo punto di vista, ho sempre sostenuto che un po’ d’Africa farebbe bene a tutti perchè ci rimetterebbe in riga”.

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I medici-volontari degli Occhi della Speranza hanno “il privilegio di vivere l’Africa in maniera autentica, nel senso che entriamo nella vita degli africani, nelle loro case, nelle loro malattie e loro si aprono con assoluta fiducia”, spiega Menci che si sofferma sull’opera di don Ignazio: “In pochissimo tempo ha costruito un ospedale e da circa un anno, cioè quando è iniziata la nostra collaborazione, è stato possibile eseguire duecento interventi chirurgici. E’ una struttura molto efficiente sul piano organizzativo, attorno alla quale si crea una manodopera all’altezza del compito; non solo: c’è serietà e onestà. In quella missione si respira un grande sentimento di carità, vicinanza con le persone”.

Dal viaggio in Sierra Leone, ogni volta, si porta a casa qualcosa

Stavolta? “Comincio a capire l’importanza della nostra opera: togliere dai pasticci le persone, curarle in maniera così importante, è gratificante. Mi sono portato in dote la gratitudine della gente – è il lato più commovente della nostra esperienza – e un po’ di rimpianto perchè gli anni passano e quando dovrò mollare…. ma ancora me la cavo!”, sorride e taglia corto.

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La gratitudine degli africani la spiega così: “Prima della partenza per la Sierra Leone, don Ignazio mi mandò la foto di un uomo con un tumore dei tessuti molli della faccia e mi chiese se me la sentissi di operare. Risposi che avrei provato a farlo. Quando sono arrivato in ospedale mi ha portato subito da lui: era in condizioni molto precarie, perdeva sangue, era costretto a continue trasfusioni. Ho cercato di capire come procedere e ho detto a don Ignazio che l’avrei operato il giorno dopo. L’uomo aveva capito e dalla contentezza si era messo a piangere. In sala operatoria mi ha fatto da assistente un infermiere sardo e la cosa più incredibile è che quando è stato dimesso, l’uomo mi è venuto incontro sorridente, mi ha stretto la mano e mi ha detto: ‘Thank you, papà!’” . Pausa. Un filo di commozione attraversa gli occhi di Gabriele Menci che poi parla dei “soliti miracoli africani, sul piano chirurgico”. Quali? “Ho fatto innesti su ulcere delle gambe e dopo quattro giorni attecchivano, in Italia non accade”.

I “miracoli africani” non sono solo quelli del bisturi, ma di una carità concreta e silenziosa che ogni volta consolida il ponte tra Castiglion Fiorentino e l’Africa.

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