Collio, bollicine nella vigna-giardino

La vigna come un giardino. Un prato rasato al millimetro come nella migliore tradizione inglese fa da tappeto ai filari, curati foglia per foglia. Sembra di stare in una boutique all’aria aperta dove domina il verde smeraldo, acceso dal sole che nel pomeriggio scolora dietro le rocce del Monte Calvario e fa un regalo ai chicchi di Chardonnay, Ribolla e Pinot nero fissandone i profumi e l’acidità.

Friuli Venezia Giulia, Gorizia, terra del Collio. Operazione ‘bollicine’. Roman Rizzi le ha stampate sul volto solare e leggero dei suoi trentuno anni. Cresciuto a pane e vigna insieme al padre Paolo, oggi è titolare dell’azienda che porta il suo nome e scommette su un solo vino, col sapere di chi ha sulle spalle non solo la fatica quotidiana – piede e vanga gli strumenti quotidiani – ma anche un bagaglio di conoscenza, rigore, sapienza, maturato da una vita tra i filari.

In Friuli Roman e Paolo sono gli unici e ultimi ‘eroi’ che lavorano tutto a mano e da anni impiantano barbatelle con la vanga per le aziende vitivinicole regionali e non. La chiave è la passione e ti sorprende scoprirla così profonda in un ragazzo tanto giovane e innamorato del suo lavoro. Lui, diversamente da tanti coetanei, ha deciso di rimanere e costruire sulla marna di un terreno particolarissimo il suo futuro.

Studi di informatica, poi ha prevalso il verde smeraldo del suo 1,2 ettaro di ‘bollicine’ metodo classico e il resto lo hanno fatto i tredici anni spesi a sperimentare, perfezionare il suo Piè di Mont Cuvèe, la cui particolarità viene dalla posizione dell’unica vigna collocata su una collina ai piedi del Monte Calvario. Un microclima perfetto per le bollicine con forti escursioni termiche e gli effetti della bora che all’alba spazza via leggera l’umidità e la brina della notte. Un mix ideale che si traduce in una vendemmia tardiva, ai primi di settembre.

Roma ci mette la fatica e l’arte di una cura massimale e manuale che nasce in vigna dove c’è già predisposta la suddivisione delle percentuali di vitigni che diventeranno bollicine: 60 per cento Chardonnay, 20 per cento Pinot Nero e 20 per cento Ribolla, vitigno autoctono.

Capisci come ragiona e lavora Roman, quando ti dice che “nel terroir non c’è solo la terra, il clima, il sole, l’uva ma anche l’uomo”, sintesi perfetta che ritrovi nelle dodicimila bottiglie di Piè di Mont Cuvèe e nell’ultimo gioiello di famiglia: il Piè di Mont Blanc de Blanc millesimato Pas Dosè, in degustazione al Larys Restaurant Rome di Larissa Milovanova e Mario Monfreda. Un luogo ‘speciale’.

Perlage finissimo, setoso, ti avvolge in un girandola delicatissima ma intensa di profumi che ti prendono per mano e ti portano nella vigna-giardino di Roman. Naso e bocca danzano insieme in un equilibrio perfetto che trasmette sensazioni particolarissime.

Raccogliamo le uve a mano, nella nostra vigna non sono mai entrati i macchinari. La vendemmia la facciamo all’alba, dalle 6 alle 9 in modo da portare le uve in cantina ancora fresche per la carezza notturna. Chardonnay, Pinot Nero e Ribolla vengono avviati alla fermentazione e poi riposano fino a gennaio quando li assembliamo e li imbottigliamo con il liquer de tirage per la presa di spuma. Seguono ventidue mesi in bottiglia, poi il passaggio nelle pupitres ruotate rigorosamente a mano in modo tale che i lieviti si depositano nel collo esattamente come accade per lo champagne. Quindi la sboccatura e un riposo di altri sette mesi in bottiglia prima di uscire dalla cantina”, spiega Roman quasi fosse un codice. Due sole tipologie: la 0,75 e la Magnum.

I mercati di riferimento sono quelli di Friuli, Svizzera ed Emilia Romagna ma Roman punta decisamente su Roma per promuovere le bollicine del Collio, terra tradizionalmente vocata ai vini bianchi fermi.

La sua vigna-giardino è la risposta moderna e al tempo stesso ricca della tradizione di una regione di confine che ha visto e vissuto gli orrori della guerra, le grandi battaglie sull’Isonzo, ma che conserva l’orgoglio del riscatto. I Piè di Mont ne è ambasciatore, tra le colline accarezzate dalle brezze dell’Isonzo e riparate dalle altitudini del Monte Calvario. Le bollicine di Roman danzano nel calice prima dell’incontro con un couss couss con calamari, vongole veraci, funghi servito in una coulis di prezzemolo e una parmigiana di alici con mozzarella di bufala e pesto di basilico da far girare la testa, che Mario Monfreda racconta con la passione tradotta in mestiere nel suo Larys Restaurant Rome dove con Larissa Milovanova offre un viaggio sensoriale e gustativo attraverso le ‘chicche’ dello chef Alessandro e il calore di un’accoglienza davvero unica.

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