Sono nata oggi

15 settembre 1965. Sono nata oggi, 52 anni fa. Quanta vita! Intensa, piena, rotonda, appuntita, morbida, spigolosa, colorata, instancabile, gioiosa, luminosa, arrabbiata, coraggiosa, appagante, liscia, dolorosa, a tratti incasinata, mai triste, operosa, in salita, entusiasta, velocissima. Sì, potrei continuare all’infinito l’elenco delle definizioni perchè vivere è un’esperienza unica e non basta mai. Ho superato il giro di boa senza neanche accorgermi che sono sopra i cinquanta, mezzo secolo. Tutto in un battito, in un soffio. Non è una questione anagrafica, tantomeno estetica, bensì è la consapevolezza di una dimensione temporale che si riduce fisiologicamente con l’avanzare dell’età. Consapevolezza che in quest’anno che per me si conclude proprio nel giorno in cui sono nata, si è consolidata, anzi per la verità è diventata granitica. Questo anno è iniziato un anno fa, esattamente in questi giorni ed è stato particolare, difficile, talvolta terribile, ripido come la parete di una montagna da scalare, a strapiombo come il masso dietro al quale si apre il vuoto di una scogliera a picco sul mare. Un anno in cui la mia vita è finita sul piatto della bilancia, nell’altro c’era la fine, la morte. La bilancia ha ondeggiato per lunghi mesi, quelli della chemio per ‘bonificare’ ogni cellula e ogni goccia di sangue dal tumore che si era preso il mio seno e voleva prendersi pure me, quelli dell’espansore da riempire come si fa con una gomma sgonfia, quelli del cortisone che ti gonfia come una mongolfiera, quelli degli effetti collaterali, la radioterapia, i mesi senza capelli e con le cicatrici addosso, i mesi zeppi di domande, dubbi, paure, ma anche di risposte, reazione, coraggio, forza, determinazione ed una incontenibile energia. La definirei ostinazione alla vita.

No, non posso dire che in questo anno ha fatto tutto schifo, perchè in realtà il tumore mi ha aiutato a capire. Mi ha aperto un orizzonte che prima non vedevo perchè ne avevo un altro davanti agli occhi che era il riflesso di desideri e aspettative: tutto legittimo, eppure niente di più fallace, provvisorio, deludente. Impari, impari anche se nessuno ti ha detto come si fa, anche se non sei pronta, non sei preparata. E lo fai passando attraverso la sofferenza, la solitudine, la sensazione di avere appiccicata addosso la precarietà della tua vita che solo dodici mesi fa ti sembrava infallibile, inattaccabile e quasi eterna. C’è voluta una malattia che ha minato le mie incrollabili certezze, polverizzandole il giorno che mi hanno detto che avevo un tumore “maligno, duttale, infiltrante, multifocale e multicentrico” e non c’era tempo da perdere, anzi, c’era da correre veloci, per sapere cosa è realmente la vita e cosa davvero conta, rintracciarne il senso e apprezzarlo in ogni sfumatura. C’è voluto un anno in bilico per scoprire cosa stavi per perdere e come cambia la direzione quando riesci a riprendertela la tua vita, almeno per ora.

Affermo che il tumore è stata anche un’opportunità per riscoprirsi dentro e guardare con occhi diversi ciò che ti circonda: capita così che ti commuovi per un campo di grano a giugno, con le spighe ‘ubriache’ di sole, che guardi un tramonto rosso-fuoco ringraziando Dio per il giorno che ti ha dato e chiedendogliene ancora. Ogni dettaglio è importante, ogni minuto è prezioso. Respiri il tempo e cerchi di cristallizzarne i colori, i profumi, le emozioni. Guardi le persone e ne percepisci quasi i pensieri, riesci a sintonizzarti su lunghezze d’onda impercettibili, sviluppi una sensibilità che ogni volta è come un tuffo nella profondità del mare, in quel blu che non finisce mai. E ti senti addosso l’adrenalina del fare, ma non più e non solo per te. Il passaggio dalla porta stretta ti obbliga a lasciare per strada superbia, orgoglio, e ogni orpello che prima appesantiva i tuoi passi, come zavorra. Il passaggio dalla porta stretta ti apre una dimensione in cui senti la necessità di condividere e dunque metterti a disposizione degli altri, riuscire nel tuo piccolo e nel tuo quotidiano a fare qualcosa che possa essere di aiuto, conforto, sostegno a chi sta passando dalla stessa porta stretta e magari lo sta facendo a fatica. Ho scritto già che chi sa cos’è il tumore sa cos’è la vita: è così, è la mia esperienza, è questo anno in cui il tumore mi ha tirato fuori dalla vita facendomela vedere da un’altra angolatura. Esattamente come nei film quando arriva la scena di lui o di lei distesi sul tavolo operatorio col corpo che si sdoppia. Se lasci temporaneamente quello che hai e lo osservi da fuori, puoi capirne fino in fondo l’essenza, puoi individuare errori, virtù, quello che manca e c’è da aggiungere. Se vuoi, puoi migliorare. Il tumore azzera ciò che sei stato e nella lotta che ingaggi, il premio finale, la posta in palio è rinascere. Una persona nuova. Nuova e migliore. La rinascita comincia da qui. A 52 anni.

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