Il Sentiero dei Papaveri Rossi

Un vento invadente, “chiacchierone”. Scompiglia le chiome dei pini, piega le fronde delle querce non ancora ricoperte di foglie e racconta. Dice di uomini e donne trucidati in un tempo di orrore. Seicento vittime a Castiglion Fiorentino tra la prima e la seconda guerra mondiale, un prezzo altissimo pagato alla libertà e per la libertà della Patria.
Sedici tappe per camminare nella storia e custodire la memoria, tramandarla e renderla viva, come vive sono le storie di nomi e cognomi incisi su monumenti, cippi, stele lungo il Sentiero dei Papaveri Rossi.
Tre operazioni culturali in una: custodia della memoria, valorizzazione del territorio attraverso i fatti della storia, recupero di testimonianze sugli accadimenti tra i due conflitti mondiali. Un viaggio aperto a Castiglioni con la tappa numero 1, in Municipio, al Sacrario ai caduti.
Il sindaco Mario Agnelli e l’assessore alla cultura Massimiliano Lachi tagliano il nastro di un “cammino nella storia”. Non c’è differenza tra chi è morto prima e chi dopo, perché la memoria cristallizza e tramanda eventi concreti, inconfutabili.
Non c’è “alcun revisionismo; i luoghi della memoria restano nella loro integrità”,
mette in chiaro Lachi rispedendo al mittente i tentativi di spezzare quel filo che unisce i cinquanta chilometri tra i lembi più estremi del comune, da Brolio al passo della Foce e in ognuna delle sedici tappe racconta persone, sacrifici, comunità.
Un tributo di vite umane altissimo: “questi sono i nostri Papaveri Rossi” sottolinea Lachi “orgoglioso di vedere un’idea che prende forma per unire luoghi già esistenti e dare dignità al ricordo”.
I papaveri rossi colorano i risvolti delle giacche e dei paltò dei familiari delle vittime, incuranti del vento che sferza la piazza durante la sobria cerimonia nel luogo dove il 19 dicembre 1943 i bombardamenti devastarono il rione di Porta Romana.
Dallo zio Giuseppe, Lucia Salvemini ha ereditato “l’importanza di restare fedeli a se stessi” e un cammino a ritroso nella storia, alle radici della sua famiglia, tra gli eventi in cui la grande storia incrocia quella quotidiana.
Trovare il diario di mio zio è stato molto emozionante e mi commuovo ogni volta che leggo del suo rammarico per non aver ricevuto attenzione dalla Patria per la quale è morto. La sua è una testimonianza di grande valore storico”, spiega immaginando un ragazzo di 18 anni che parte per il fronte dove morirà nel 1918.
In quel diario c’è un messaggio che Lucia ha ricevuto e tiene caro: “C’è la leggerezza della vita, il piacere di vivere ma anche la ferma consapevolezza di non volersi tradire mai, restando coerenti. Il suo esempio mi ha aiutato nella mia esistenza e continua a farlo”.
Le bombe e la morte calate dal cielo sul rione di Porta Romana qualche giorno prima del Natale 1943 sono un pezzo della storia raccontata fin nei dettagli da don Angelo Nunziati, parroco castiglionese che quei fatti li attraversò e decise di darne testimonianza. I suoi scritti insieme a quelli di Salvemini oggi sono patrimonio di tutti, a disposizione di chi vorrà leggerli. Anche questo è custodia della memoria.
Alba Bigiandi, presidente provinciale Anpi ha il suo papavero rosso appuntato – quasi come una medaglia – poco sopra il lato del cuore e negli occhi le immagini di una fase storica che “va raccontata e tramandata affinchè non si ripeta”. Lei sa cosa vuol dire la guerra e per il fatto di averla patìta dice con forza che “i giovani devono conoscere. Quella tragedia ha un valore e vorremmo trasmetterlo ai ragazzi che non lo sanno”.
I papaveri rossi fremono al vento ed è come se parlassero. A Castroncello, accanto alla chiesa, raccontano il sacrificio di tante persone, così come sul monumento eretto in memoria a Brolio e sormontato dalla statua della Madonna, quasi a proteggere e cullare i figli, vittime dell’orrore.
C’è silenzio intorno, solo il vento che parla facendo fremere il Tricolore, nella suggestione di un luogo fatto per capire e andare all’essenza delle cose.
Scorrendo i nomi e soffermandomi sui volti in bianco e nero di piccole foto che resistono al tempo, sento un’infinita ammirazione. Provo a mettermi nei loro panni, perché è la condizione più scomoda e tuttavia più autentica, per comprendere: sono panni stretti perché io non so se al loro posto avrei avuto lo stesso coraggio, la stessa generosità del sacrificio per gli altri.
Forse, alcuni di loro non si sono nemmeno accorti di ciò che li aspettava davanti a un muro scrostato o non hanno fatto in tempo a pensarci, eppure ciascuno di loro ci consegna l’intensità e il significato di un gesto altissimo.
Sul Sentiero dei Papaveri Rossi dovrebbero camminare quei giovani che non hanno il senso della storia né lo considerano importante; quelli pieni di ogni ben di Dio e puntualmente insoddisfatti, annoiati, insofferenti.
Non tutti, ovviamente, purtroppo molti. Dovrebbero camminarci sul Sentiero insieme ai genitori che li ricoprono di tutto. Genitori e figli dovrebbero soffermarsi su un pensiero semplice ma dirompente: se hanno tutto, lo devono a giovani morti anche per loro, consegnandoci il presente nel quale possiamo muoverci. Liberamente.
L’eredità morale che riceviamo dalle vittime delle due guerre è una sola: esserne degni.
Trovo potente e feroce, come un pugno allo stomaco ma del quale c’è bisogno nell’Italia con la memoria sempre più corta, il titolo del libro dello scrittore Filippo Boni Muoio per te”, (Longanesi) appena uscito in libreria, sull’eccidio di Cavriglia costato la vita a duecento civili. Niente filtri, solo ciò che è successo nelle nostre terre, all’ombra dei Papaveri Rossi.

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