Mascherine e piantine per ricominciare

Mascherine e piantine, per custodire la salute e coltivare la speranza.

Un presidio contro un nemico invisibile e un segno di rinascita a pochi giorni dalla Pasqua, dopo settimane di bollettini di guerra, morti, feriti, soldati in trincea. L’Italia reagisce con il coraggio di sempre ma è dura, è ancora emergenza e dal tunnel non siamo usciti.

Le storie di coraggio attraversano il nostro paese in lungo e in largo e sono la parte più preziosa del tempo che stiamo vivendo, sospesi in casa, mentre fuori c’è chi combatte per noi. Le storie di coraggio non hanno confini e anche in una zona dove il coronavirus ha lasciato il segno nella sua stramaledetta corsa, rappresentano il seme della rinascita, la forza del non arrendersi, andare avanti. Nonostante il dolore e la paura. Mascherine e piantine sono la sintesi di un incredibile lavoro di squadra che a Montevarchi ha fatto la differenza.
Il Valdarno è una delle zone più colpite della provincia aretina, sia per contagi (170) che per vittime (15) e Montevarchi il Comune con 55 persone infettate (Arezzo ne ha 52) e una percentuale elevata di operatori sanitari, tra ospedale della Gruccia, distretti, Case della salute e Rsa. Nella sola Rsa di Montevarchi sono 19 i positivi tra gli ospiti e 16 tra gli operatori sanitari.

C’è stata una corsa contro il tempo per arginare la diffusione del virus e il sindaco di Montevarchi Silvia Chiassai Martini ha affrontato il caso “chiudendo la struttura agli ingressi dall’esterno ancor prima del primo decreto del governo e dell’ordinanza della Regione, ma qualcosa non ha funzionato perchè c’è stata un percentuale alta di contagiati, metà dei quali operatori sanitari. Sono settimane che urlo, inascoltata, la necessità di fare i tamponi e distribuire i presidi per mettere in sicurezza chi lavora in prima linea e chi è più fragile”.

Battagliera, da sempre. Indossa la fascia tricolore come uno scudo contro il nemico invisibile che non arretra

come simbolo del coraggio di una comunità che si è rimboccata le maniche e sta dando il meglio di sé. Le aziende del territorio sono il motore di una mobilitazione che ha “contagiato” tutti, a tutti i livelli. Sono gli imprenditori di Montevarchi e del territorio a decidere di convertire la produzione dedicando risorse economiche e umane alla confezione di mascherine.

Migliaia di mascherine, con un ritmo di 1600-2000 al giorno e tutto gratis, destinato a medici, infermieri, operatori sanitari, volontari, forze dell’ordine e cittadini. Una macchina “da guerra” talmente efficiente che “siamo stati i primi a distribuire i dispositivi a tutti tre settimane fa e siamo già al secondo giro di consegne nel territorio comunale”, rivendica con orgoglio il sindaco che oltre alla fascia tricolore ha anche quella, azzurra, di presidente della Provincia di Arezzo. Significa che “abbiamo già consegnato ventimila mascherine e adesso ne stiamo distribuendo altrettante, grazie alla straordinaria disponibilità della Protezione Civile di Montevarchi, delle Associazioni dei Carabinieri in congedo, i ragazzi della Curva Sud dell’Aquila Calcio, le squadre del gioco del Pozzo, della Società Sportiva Calcio Pestello, tanti volontari, sopratutto tantissimi giovani. Abbiamo costituito squadre e ci siamo attrezzati con furgoncini passando casa per casa. Questa volta, oltre alle mascherine sarà donata a ogni famiglia una piantina: come Comune ne abbiamo acquistato un quantitativo sufficiente dalle aziende florovivaistiche con un duplice obiettivo: donare ai cittadini un segno di speranza, una piantina da coltivare in questo tempo avendone cura, così come bisogna prendersi cura di noi stessi; l’altro obiettivo è dare un piccolo aiuto nell’immediato alle aziende della filiera che rappresentano una tradizione importante e una parte essenziale dell’economia locale”, spiega il sindaco che di professione fa la psicoterapeuta ed è abituata “a non mollare mai, perchè dico sempre che dalle cose negative nascono nuove opportunità. Nel mio lavoro parlo spesso con persone che soffrono e tutti facciamo i conti col dolore, ma di fronte a un problema hai due possibilità: o ti fai schiacciare oppure tiri fuori la forza di reazione che ciascuno ha dentro e vai avanti. Se non ci si lascia abbattere, ne usciamo più forti di prima”. Lo ha ripetuto anche al sindaco costretto ad affrontare una situazione incredibile nel piccolo comune di montagna al confine tra Toscana e Romagna: Badia Tedalda, mille abitanti, 28 positivi e un morto. Pensi che lassù, tra boschi secolari e prati che la primavera sta riaccendendo di colori, questo veleno malefico non si sarebbe arrampicato, e invece ha scosso profondamente la comunità. “Mi sono messa subito in contatto con il sindaco Santucci e sono riuscita a recuperare i presidi di sicurezza di cui aveva bisogno, sopratutto mascherine, per distribuire alla popolazione. Ho cercato di aiutare partecipando alla catena di solidarietà degli altri Comuni limitrofi a Badia Tedalda. Ho una squadra di Protezione Civile meravigliosa di cui vado fiera: è il nostro fiore all’occhiello, un esempio di efficienza, umanità, competenza e disponibilità. Un gruppo di sole quattro persone per effetto della legge Del Rio che ha operato tagli all’intero settore, ma con la loro professionalità arrivano ovunque e anche in questo caso, come per le calamità naturali, sono il punto di riferimento dei Comuni”.

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Chiedo a Silvia Chiassai Martini cosa si porterà dietro di questa esperienza, qual è la traccia indelebile. Non ha un’immagine o un episodio in particolare, bensì “un riscontro. La grande forza delle aziende del territorio che da un mese si sono messe a disposizione per fare le mascherine. Persone che lavorano gratis: questa disponibilità mi ha fatto capire quanto sia importante la rete territoriale fatta di imprenditori che in situazioni di emergenza stanno in prima linea; sono rimasta strabiliata dall’umanità della mia gente, dalla generosità dei volontari, l’associazione carabinieri in congedo e moltissimi giovani. E’ emersa un’unità tra le persone che non era scontata specie in una città, magari più tipica dei piccoli borghi. Mi ha molto colpito questo senso di appartenenza, sentirsi comunità e il segno concreto sta anche nella mobilitazione per la raccolta di risorse del fondo che abbiamo attivato proprio per le prime necessità: in pochi giorni sono stati donati 53mila euro. Usciti da questo incubo, saremo sicuramente una comunità più solida. Sono in contatto con tutte le persone contagiate; ci sentiamo per telefono e mi informo sulle loro condizioni: un gesto doveroso per far sentire la vicinanza non solo del sindaco ma di tutta Montevarchi. Sono fiera di come i cittadini hanno reagito e di come tutti insieme stiamo affrontando questa battaglia; anche se finisse qui il mio mandato a prescindere da ciò che si è realizzato in questi anni, io sarei a posto, perchè ho toccato con mano la forza di persone meravigliose e di una città che si sta rialzando con coraggio e speranza”.


Già la speranza. Nel germoglio della piccola piantina c’è il seme della rinascita che fa capolino dalla terra scura e viene a dire che è Pasqua

che il peggio è passato, che c’è bisogno di ricostruire e prendersi cura. Con pazienza. E magari un giorno, le piccole piantine di oggi, saranno fiori colorati da esibire come bandiere al vento, quando le piazze torneranno alla vita. Come ognuno di noi, a Montevarchi, in Toscana e in Italia.
Lucia

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