Gli eroi di Cefalonia: Bruno, l’ultimo sopravvissuto

Sono tornata a Cefalonia. Diciassette anni fa ho scoperto l’isola greca divenuta sudario di undicimilacinquecento soldati italiani trucidati dai nazisti dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943; ho conosciuto la storia di giovani vite spezzate dalla furia della guerra.

In quel tempo lavoravo nella redazione de Il Giornale a Firenze e il direttore mi incaricò di ricostruire la vicenda di Cefalonia, allora pressochè sconosciuta, raccogliendo testimonianze, analisi di storici, intervistando intellettuali e protagonisti sopravvissuti. Un’inchiesta giornalistica insomma, di quelle che oggi non esistono quasi più, fatta di contatti, incontri, dialoghi, chilometri, domande, talvolta lacrime e dolore nel ricordo di una delle vicende più drammatiche del Novecento, per come si è sviluppata e per il tributo di vite che l’Italia ha pagato.

Lavorando sulle fonti, mi appassionai alla storia che stavo trattando perchè non riuscivo a smettere di pensare a quei soldati italiani lasciati soli dal governo 

, accerchiati, vilipesi, trucidati senza alcuna pietà – niente regole d’ingaggio o codice internazionale militare – e della loro eroica resistenza, fino all’ultimo respiro. In quell’isola, stremati, senza più dotazioni militari, braccati come animali dai nazisti, seppero morire con onore per la Patria, per l’ideale che difesero guardando in faccia la morte. Li considero antesignani della resistenza italiana e vanno celebrati, ricordati, raccontati ai giovani che non sanno. Quell’inchiesta mi portò all’incontro con Amos Pampaloni, fiorentino, medaglia d’argento al valor militare, scomparso nel 2006. Capitano del 33° Reggimento d’artiglieria era tra gli ufficiali che si opponevano alla resa ordinata dai nazisti al generale Gandin, capo supremo della Divisione Acqui di stanza a Cefalonia, e proponevano una serrata reazione militare. Fu un incontro che non dimenticherò, per intensità, coraggio e un’esperienza ancora viva in lui, come una ferita che non si rimargina.
Si dice che la figura di Amos Pampaloni abbia ispirato il protagonista del romanzo di Louis de Bernieres “Il capitano Corelli” da cui è stato tratto il celebre film con Pelelope Cruz e Nicolas Cage (“Il mandolino del Capitano Corelli), ma l’autore del romanzo ha sempre negato e forse questo ha contribuito ad alimentare un’aura di mistero sull’impavido ufficiale italiano. L’indagine su quel pezzo di storia, non ancora divulgato come invece meriterebbe, mi condusse idealmente su quell’isola che mi è rimasta dentro e che un giorno vorrei visitare per “rivedere” la storia che ho conosciuto laddove è accaduta, e rendere omaggio al sacrificio di undicimila giovani connazionali grazie ai quali il tempo nel quale sono nata e vivo, è un tempo di pace.

linkiostrovivo-magazine-bertoldi-guerra-grecia-cefalonia-nazisti-sopravvissuti
In attesa del viaggio fisico, ne ho compiuto un altro, di grande potenza, ancora una volta tra le alture e le rocce a picco sul mare di Cefalonia. Mi ha “letteralmente” condotto sul campo, un giovane storico e scrittore aretino Filippo Boni, autore del libro “L’ultimo sopravvissuto di Cefalonia” (edizioni Longanesi).

Un lavoro di ricostruzione storica e testimonianza dettagliatissimo, su luoghi, date, persone, sul quale si staglia la figura di un uomo sopravvissuto non solo all’inferno di Cefalonia ma anche quello degli stalag e dei gulag ucraini e russi. Un lavoro prezioso che diventa patrimonio comune, con molte storie dentro la storia di una delle pagine più buie e vergognose del Novecento.

linkiostrovivo-magazine-cefalonia-guerra-italia-soldati-grecia
La capacità descrittiva e narrativa di Filippo Boni mi ha presa per mano e accompagnato in quel lembo di terra tra il profumo prepotente del mirto e l’odore del sangue, l’odore di morte

Ho incontrato Filippo Boni partecipando alla presentazione del suo libro a Lucignano, nell’ambito dell’interessante rassegna “Un libro con tè”; promossa dall’assessorato alla Cultura e voluta dall’assessore Serena Gialli.
La prima domanda, visto il mio lavoro su Cefalonia, non poteva che essere: chi è veramente il Capitano Corelli? La risposta ha aperto un altro capitolo mostrando un collegamento incredibile e per certi aspetti inimmaginabile, tra questo pezzo di storia del Novecento e la vicenda della strage di via Fani, dove morirono Aldo Moro e cinque agenti della scorta. E’ proprio dal lavoro sugli “Eroi di via Fani” (il titolo del libro di Filippo Boni, edito da Longanesi) che si dipana il filo che lo porta a Bolzano e gli fa suonare il campanello della casa di un signore di 102 anni, Bruno Bertoldi, ultimo sopravvisuto di Cefalonia.

Ma cosa c’entra Bruno Bertoldi e Cefalonia con l’assassinio per mano delle Br di Moro e della scorta?

Filippo spiega: “Ho lavorato a lungo al libro Gli eroi di via Fani ricostruendo la storia della scorta di Aldo Moro e studiando gli uomini e le donne delle Brigate Rosse che quella mattina erano in via Fani a Roma, mi sono imbattuto in Alessio Casimirri, condannato all’ergastolo in contumacia, latitante in Nicaragua dove ha ottenuto la cittadinanza sposando una nicaraguense. Lui ha sempre respinto le accuse e ammesso solo l’appartenenza alle Br dalle quali sarebbe uscito prima della strage di via Fani. Qualche mese dopo la pubblicazione del libro sugli Eroi di via Fani, ho appreso che il padre di Casimirri è stato esponente di spicco del Vaticano e un reduce di Cefalonia. Il regista del film si sarebbe ispirato a lui per la figura del capitano Corelli. Questo dettaglio, mi spinse a intraprendere il viaggio attorno alla tragedia di Cefalonia di cui si parla troppo poco: fu un massacro terribile, perpetrato al di fuori di ogni regola di diritto internazionale che vide i nostri soldati cadere senza neanche l’onore della sepoltura, gettati dai nazisti nell’oblio di un foro nel tufo della roccia greca”.

linkiostrovovo-magazine-cefalonia-guerra-italiani-soldati-armistizio-grecia-nazisti
Il viaggio di Filippo comincia proprio dalla fine di questo libro e prende vigore quando “nel 2018 lessi su Repubblica un articolo su Bruno Bertoldi, ultimo sopravvissuto a Cefalonia che compiva cento anni. Decisi di andarlo a trovare, a Bolzano”. I primi incontri servirono a raccogliere il racconto di Bruno, autiere del comando sull’isola, e a ricostruire una sorta di mappa virtuale che poi Filippo è andato a verificare sul campo, a Cefalonia. “Ho ritrovato ogni dettaglio dei suoi racconti e dei luoghi rimasti integri, nonostante il susseguirsi di terremoti che hanno lasciato il segno nella morfologia dell’isola. E con sommo stupore ho trovato nello stesso punto descritto da Bruno, il bidone dietro il quale si nascose la mattina in cui il suo ex commilitone Luigi – poi passato coi nazisti – gli salvò la vita. Ho ritrovato lo stesso bidone che Bruno aveva rintracciato, sempre nello stesso luogo, durante il viaggio a Cefalonia compiuto insieme alla moglie Fausta nel 1999. Dieci anni dopo, l’ho ritrovato io, quasi fosse un simbolo della memoria, un monumento ad una vita salvata. Ho rintracciato molto di ciò che mi ha rivelato Bruno, compresa quella profondità spirituale che aveva respirato due anni prima del massacro, quando Taxin il suo amico pastore greco lo accompagnava sulle montagne dell’isola attraversando sentieri impervi, ad ascoltare il rumore del silenzio, la voce dell’alba e del tramonto, a interpretare i miti greci che il pastore – apparentemente analfabeta – conosceva e gli trasmetteva. Quello di Bruno è stato anche un viaggio interiore”.

linkiostrovivo-magazine-guerra-cefalonia-soldati-nazismo-italia-grecia-strage
Tra Casimirri e Bertoldi c’è un’altra storia nella storia che incorcia il lavoro di Filippo Boni, le vicende della sua famiglia e il luogo in cui vive: Cavriglia. “Il mio territorio fu macchiato dall’orrore delle stragi naziste: 192 vittime tra le quali anche il mio bisnonno. Ho lavorato a questo pezzo di storia locale sul quale ho incentrato la tesi di laurea e quindici anni fa ho pubblicato il libro dal titolo ‘Colpire la comunità’. E’ anche per questo che sono molto legato alla vicenda di Bruno Bertoldi che mi ha aperto la porta di casa accogliendomi come un figlio”.

La vicenda dell’autiere Bertoldi è anche una straordinaria storia d’amore con la moglie Fausta

scomparsa tre anni fa. L’incipit del libro è una struggente e intensa lettera che Bruno scrive idealmente alla donna che ha amato e che ancora sente nella casa al quinto piano di un palazzo a Bolzano. Quando si indaga una storia così incredibile per drammaticità ma anche per il senso del riscatto che contiene, si ricevono emozioni, insegnamenti tanto profondi da lasciare una traccia interiore che sedimenta. E’ ciò che ho provato io occupandomi di Cefalonia ed è ciò che ha vissuto in presa diretta e in maniera più approfondita Filippo Boni: “La storia di Bruno mi ha lasciato la consapevolezza che la speranza è una delle virtù, delle risorse che l’uomo non può mai perdere e mi ha lasciato la consapevolezza di aver provato a scavare in una pagina buia della storiografia italiana con cui non abbiamo fatto i conti fino in fondo. Viviamo epoche oscure e mi piace pensare a Bruno Bertoldi come alla farfalla gialla che va oltre il filo spinato del campo di concentramento di cui ha parlato Liliana Segre di fronte al parlamento europeo. Oggi, se incontri Bruno capisci subito che ha una potenza nella narrazione straordinaria; quell’uomo è un miracolo che ti trasmette la voglia di vivere, di combattere e non perdere mai la speranza. E’ un uomo che con la sua vicenda ha vinto il concetto di morte, in un rapporto di luce ed energia che attraversa l’universo e non ci lega più all’esperienza terrena, ma va oltre”.

linkiostrovivo-magazine-grecia-cefalonia-guerra-soldati-italia-strage
Non è finita qui: Filippo Boni e Bruno Bertoldi stanno per inziare un tour nel Nord Italia per presentare “L’ultimo sopravvissuto di Cefalonia”, ma lo scrittore aretino ha già in mente il prossimo lavoro: “Sarà ancora sulla storia contemporanea perchè desidero mettermi dalla parte degli ultimi – che poi ultimi non sono – e provare a dare loro voce”.
Nell’incontro a Lucignano, sala della biblioteca comunale, Filippo ha mostrato un video di Bruno Bertoldi in cui racconta un pezzo della sua incredibile vicenda. La voce squillante, l’intensità dello sguardo e la raccomandazione reiterata alla pace nel mondo sono balsamo per i tempi confusi nei quali viviamo e monito a custodire la vita come il bene più prezioso.
Lucia

(foto Bruno Bertoldi tratta dal profilo Fb @lultimospravvissutodicefalonia)

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here