De Andrè, il Falegname di Parole

Foiano Book Festival apre con l’omaggio al grande artista nel ventesimo dalla morte. Chi era Fabrizio De Andrè? Il pensiero, la parola, l’anarchia, la spiritualità nel racconto del biografo Luigi Viva.

Istigare al pensiero, plasmare la parola

Averne cura, elaborarla, renderla espressione di un concetto, svestirla di banalità, denudarla degli orpelli del conformismo, elevarla sulle note – eterne – di una melodia trasformandola in messaggio, riflessione, dialogo sulla persona e sul mondo.

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Pensiero, parola, ascolto. Saper ascoltare non è meno necessario e urgente in questi tempi distratti e superficiali; dare tempo all’ascolto degli altri perchè se vivi in una comunità va fatto, perchè non si può guardare solo al proprio orticello.
Pensiero, parola, ascolto, musica. Quattro parole-chiave per entrare nel mondo di Fabrizio De Andrè e capirne l’essenza.

La parola diventa viaggio dentro e intorno a un uomo, un artista immenso

La “guida” è un testimone che ha avuto il privilegio di lavorare, mangiare, viaggiare, incontrare, confrontarsi, scrivere insieme a De Andrè. Luigi Viva, giornalista, scrittore, critico musicale e sopratutto amico (nel senso più vero) del maitre à penser De Andrè (troppo riduttivo per uno come lui il termine cantautore) ha trasformato una serata piovosa di novembre in un incontro – intenso – nel solco di una narrazione condotta tra video, documenti, memorabili concerti, che ha scaldato il cuore del pubblico, attento e composito. Non solo fans con qualche ruga sul volto, ma giovani e tra loro due ragazzi di quattordici anni che di musica e parole si nutrono attingendo anche alla letteratura di De Andrè.
E’ l’anteprima del Foiano Book Festival (direttore artistico Anna Cherubini) voluto dall’assessore alla Cultura Jacopo Franci per “gettare un piccolo seme di cultura in un momento in cui il valore del sapere è spesso sottovalutato”.

Luigi Viva racconta Fabrizio De Andrè sfatando luoghi comuni, cancellando ‘etichette’ e tutto ciò che di non vero è stato scritto e detto sul suo conto, sul suo impegno sociale. De Andrè “è stato un anticonformista, anarchico e anticlericale”, spiega Viva. Concetto ribadito nella chiave di lettura dello scrittore Maurizio Maggiani che definisce De Andrè “un principe anarchico” perchè a Genova “i principi vivono nei palazzi dove vivono gli artigiani”.

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Viva incontra De Andrè nel 1975 a Roma durante un concerto e con lui l’intesa nasce dal comune amore per la terra. In realtà tra i due comincia una marcia di reciproco avvicinamento culminata nel 1990: una sera di febbraio a Milano, a casa di De Andrè, Viva ottiene l’ok per scrivere “Il falegname di parole”, libro che insieme a “Non per un dio ma nemmeno per gioco” rappresenta il progetto più completo di documentazione e approfondimento sulla figura artistica e la vicenda umana.

Un lavoro durato diversi anni al quale De Andrè partecipa, aggiunge, corregge: ci sono intere pagine della stesura con gli appunti a margine scritti dall’artista genovese che Luigi chiamava “maestro” in segno di rispetto.

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La sua anarchia era una speranza, un’ipotesi di redenzione”, l’idea di una umanità nuova, afferma il giornalista che racconta l’incontro di De Andrè con la chitarra: avviene nel 1954, ma lui già studiava violino anche se la mentoniera dello strumento musicale gli dava fastidio. C’è un aneddoto divertente: aveva fatto un patto col maestro di violino che doveva suonare al suo posto in cambio di una fornitura di pastarelle. Un giorno la madre nella stanza accanto, colpita da un virtuosismo, si precipita a complimentarsi con il figlio scoprendo il “trucco”.

Viva si sofferma sullo stile di De Andrè: “Aveva un grandissimo senso del palco, del tempo e una profonda conoscenza della musica. La sua voce era unica. Un artista rigoroso, un perfezionista anzitutto con se stesso e i musicisti che lavoravano con lui erano sollecitati ad adeguarsi e a dare il massimo”.

Nel maxischermo scorrono le foto della vita artistica, quelle in bianco e nero degli esordi (stupenda l’immagine di De Andrè ragazzino accanto a un fisarmonicista piemontese, strumento presente nei suoi concerti) e quelle a colori del successo e delle serate sold out nei teatri. Era una persona generosa, con i musicisti e non solo e dedicava tempo ai fans dopo i concerti perchè “si sentiva quasi in debito per il fatto che si muovevano anche da luoghi lontani per andare a sentirlo”, ricorda Viva.

Il testo de “La Guerra di Piero” è ispirato allo zio Francesco, “figura che colpì molto De Andrè perchè sopravvisse al campo di concentramento ma una volta tornato a casa non fu più lo stesso, diventando malinconico e depresso. Sarà il prototipo delle sue figure dolenti”.

Il maitre à penser è stato Bressens e nella sua lunga carriera De Andrè ha scritto e cantato di emarginati, solutidini, persone semplici e “ignorati e perseguitati dal potere” viaggiando dentro l’animo umano, irridendo al conformismo e alle sue regole. Risentire la voce e rivederlo sul palco mentre abbraccia la chitarra e le dita corrono sulle corde, è stata un’emozione unica; è stato come fermare il tempo e riportarlo a un tempo di bellezza.
“Creuza de ma”, “Le Nuvole” e “Anime Salve” sono i tre lavori della maturità dove la vita pulsa pur nella sua crudezza, violenza, disperazione. E la vita pulsa in Smisurata preghiera, considerato il “testamento morale” dell’artista genovese:

Ricorda, Signore, questi servi disobbedienti alle leggi del branco. Non dimenticare il loro volto che dopo tanto sbandare è appena giusto che la fortuna li aiuti

Sono gli unici che “attraversando l’emarginazione e la solutidine riescono ancora a ‘consegnare alla morte una goccia di splendore’”. L’essere anticlericale non gli impediva di vivere la sua spiritualità e di guardare alla figura di Cristo con interesse. C’è un particolare che Viva racconta e in un certo senso rappresenta, la “scintilla” di questa ricerca interiore: risale agli anni degli studi superiori, durante la lezione di don Piana (sarà uno dei sacerdoti che celebreranno il suo funerale), insegnante di religione, che mise a confronto le figure di Socrate e Gesù. Al termine della lezione, De Andrè si attardò a rimettere nello zaino libri e quaderni per poi raggiungere il sacerdote al quale disse che in fondo quel Gesù lì, non era poi così male.

linkiostrovivo-magazine-fabrizio-de-andrè-musica-cantautore-italiaLuigi Viva racconta Fabrizio De Andrè con l’eleganza dell’amicizia vera

che sa dosare il giusto equilibrio tra privato e pubblico consegnando alla platea foianese il profilo di un artista e lo spessore di un uomo che ha camminato nella vita al fianco degli ultimi. Senza fermarsi mai.

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