Chianti, 130 “sentinelle” di Colorino: classe 1966

L’estate di San Martino accende i colori dell’autunno: rosso, giallo, marrone e il verde già mutato nelle nuances del sottobosco. Sole, calore, colori. Scendi la piccola stradina sterrata che porta alla cantina e vedi tutt’intorno la bellezza della natura, prorompente anche prima di addormentarsi per il lungo inverno. Silenzio, calma. Poi un rumore rompe tutto, spezza l’incanto. E’ un escavatore che si muove lento in un piccolo fazzoletto di terra, a pochi metri dal caveau dove il Chianti riposa e a pochi passi dalla Leopoldina che domina la collina, splendido casolare tipico toscano, cuore pulsante dell’azienda di famiglia.

Giro lo sguardo e scorgo un’altra meraviglia: in quel fazzoletto di terra stanno in fila come tanti soldatini viti antiche: 130 piante di Colorino del Valdarno. Testimonianza, ormai rara, di un vitigno autoctono che ha fatto storia. Valdichiana, colline e declivi su uno splendido crinale che divide (o collega, dipende dai punti di vista) Lucignano e Sinalunga. Terra di confine tra Arezzo e Siena.

Alberto e Tommaso Ravaglioli sono indaffarati. Seguono la benna dell’escavatore con occhio attento: tutto deve essere fatto nel massimo rispetto delle 130 “creature”.

Sì, all’azienda agricola Il Sosso, quelle viti sono care come un figlio, nonostante i loro cinquant’anni. Anno di impianto: 1966. E’ emozionante vederle, toccarle, sapere che ancora fanno il loro mestiere, che sfidano il tempo e la natura, che si piegano ma non si spezzano. Mi avvicino e la sensazione è quella di toccare qualcosa di estremamente vivo. Qualcosa da tramandare, qualcosa di cui avere cura perchè altri ne possano godere.

Alberto e Tommaso hanno deciso di metterle a dimora nel nuovo sito, tasferendole da un altro appezzamento della tenuta dove stanno impiantando nuovi vitigni. Ma quelle 130 sentinelle della storia non potevano finire nel cassonetto dei rifiuti. Alberto non lo avrebbe fatto “nemmeno sotto tortura”, spiega mentre si passa la mano nascosta nel guanto sulla fronte, a sfiorare i folti capelli bianchi che dicono saggezza, passione, legame con le radici della tradizione di famiglia. Accanto a lui, alcune viti ancora da trapiantare nello spazio che l’escavatore crea, ma il più ormai è fatto. Alberto è orgoglioso del suo Colorino: in ogni vite ci sono ricordi, momenti, giornate, risate, discussioni, sorrisi e fatica.

Nel 1966 il padre le mise a dimora nella vigna e quando a diciotto anni insieme al fratello dovettero prendere in mano le redini dell’azienda, quelle viti sono cresciute con loro. “E’ l’unica varietà coltivata a non essere stata attaccata dal mal dell’esca”, spiega Alberto mentre tiene una vite di Colorino alta circa novanta centimetri. La osservo e vedo la forza, la sapienza, l’andare lento delle stagioni, la caparbia resistenza alle intemperie e alle malattie. E’ come se avessi davanti una roccia che il vento, l’acqua, il sole, il gelo, hanno levigato ma non spezzato. La vite è lì, è viva. Con le sue radici lunghe che si incuneano tra gli strati del terreno come a stendere argani fortissimi che la àncorano alla terra. Già, la terra: simbiosi perfetta.

Alberto riprende il racconto: “In origine il Colorino si usava per fare il ‘governo all’uso toscano’. L’uva veniva fatta appassire in pianta, poi sistemata su cannicci e schiccolata a mano; quindi si aggiungeva al vino nelle vasche. Operazione che si faceva a dicembre: con stufe a legna si scaldava la cantina per riscaldare il vino e far ripartire la fermentazione. Un tempo il vitigno era utilizzato per dare colore al Chianti, vinificato anche con uva a bacca bianca. La particolarità, oltre all’intensa colorazione determinata dalla forte carica dei polifenoli, era che il Colorino attribuiva al vino un leggero sentore frizzantino e amabile, assolutamente naturale. Era così che nelle nostre vigne veniva prodotto il Chianti, in commercio nel tradizionale fiasco in paglia”.

Il passato nel futuro: Alberto punta sul suo Colorino per ampliare la gamma dei vini de Il Sosso. Tutto secondo la storia che le 130 viti raccontano, tutto secondo il “governo all’uso toscano”. La svinatura darà indicazioni sul progetto già diventato realtà. Sperimentazione, evoluzione, innovazione.

Colorino 1966” saranno il nome e la data scolpita su un robusto tronco di legno che Alberto e Tommaso metteranno in quel fazzoletto di terra che introduce alla cantina, come in un viaggio nella storia dell’azienda che comincia cinquant’anni fa. E’ il biglietto da visita, ma anche il “benvenuto” ai winelovers che girano per cantine alla ricerca di “chicchi” e di “chicche”.

Tommaso segue il movimento lento dell’escavatore. Nell’entusiasmo dei suoi trentanni non ancora compiuti e di un mestiere – enologo – che ha scelto per passione, racconta orgoglioso della vendemmia 2015. “Annata bellissima, rese basse, ma uva di grande carattere. Un’annata veramente ottima: c’è stata una bassissima piovosità, al punto che l’ultima pioggia dell’estate l’abbiamo avuta il 19 giugno poi sole e temperatura sopra i trenta gradi fino al 12 di agosto. Questo ha conferito all’uva concentrazione zuccherina, polifenoli che trasferiscono al vino un colore intenso, gradazione alcolica elevata. I vini della vendemma 2015 sono vini strutturati, con un’ottima persistenza al naso e in bocca, ma i tannini sono morbidi e il gusto rotondo”.

Il top della produzione, il Chianti Docg “Ricordo” (nel nome la storia della famiglia e di due fratelli che ancora giovanissimi hanno dovuto diventare adulti in fretta, con la responsabilità di un’azienda da tirare avanti) sarà fantastico, sublime”. C’è da crederci perchè la Riserva 2013 è davvero notevole e “la 2015 sarà ancora meglio”, scandisce Alberto mentre guarda il suo Colorino. Niente bottiglie 2014 per scelta, “per via dell’annata che non è stata granchè, ma l’attuale è veramente splendida e il Ricordo 2015 Riserva sarà il nostro orgoglio”. Al pari del Chianti Docg (tannini delicati, sentori di sottobosco, frutti rossi) e del Poggio Falcone (Merlot e Cabernet di particolare eleganza). Menzione d’onore anche per il Vin Santo e l’olio extravergine di oliva che completano la produzione dell’azienda.

Centotrenta viti, cinquant’anni di vita. Centrotrenta sentinelle, testimoni di una storia. E’ la magia de Il Sosso.

www.ilsosso.it

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