Brolio, nel regno della Rana comandano le regine

Ricordi, aneddoti e ricette nel racconto delle cuoche della Sagra

Quella notte, la Laura e il Lily sistemarono le rane appena pescate in un grande catìno con l’acqua poi andarono a dormire; l’indomani mattina le avrebbero sgusciate e preparate per cucinarle. Ma qualcosa andò storto e al loro risveglio la casa era ‘invasa’ da centinaia di rane che saltavano da ogni parte…”. Delfina Brunacci ride di gusto quando ripensa a uno dei tanti aneddoti che hanno accompagnato i quarantanni della Sagra della Rana che ogni anno – tra luglio e agosto – richiama a Brolio centinaia di persone. Accanto al caminetto, i suoi ricordi incrociano quelli di Antonietta Agnelli, Ester Goti (nuora del Lily, inventore della sagra) e Cinzia Del Principe, il gruppo della squadra delle cuoche specializzato nei sughi, impegnate ogni anno a dare il massimo ai fornelli. E in quarant’anni ci sono sempre riuscite. Anzi, è anche grazie alla loro bravura, alla sapienza nel dosare gli ingredienti e al piacere di contribuire a un’iniziativa dal grande valore sociale, se il nome della sagra ha oltrepassato i confini della Toscana.

Nei nove giorni della manifestazione, dieci quintali di rane finiscono prima nelle grandi pentole e poi nei piatti degli ospiti che non rinunciano alla succulenta “scarpetta” col pane che ‘affonda’ nel sugo, dopo aver gustato le rane. Rane fritte e in umido sono le due ricette che le cuoche custodiscono gelosamente, il “tesoro” di sapienza ed esperienza che si tramanda di generazione in generazione e per chi non è di Brolio, impossibile da copiare o tentare di riprodurre. Impossibile perfino per gli addetti al ramo come quella volta che “mi vennero a chiamare in cucina perchè c’era un uomo che voleva parlare con le cuoche”, racconta Delfina, 80 anni portati come se fossero 40, fisico asciutto, sempre in movimento fin dal primo mattino quando “vado a prendere e scarico tre carrettate di legna”. Quell’uomo le chiese come faceva a fare un sugo così buono. Delfina non si sbilanciò e la prese alla larga: “Beh.. aglio, prezzemolo, olio…”. Alla fine, lui esclamò: mah… c’ho provato tante volte, ma buono come il vostro non mi viene. Mi disse che era un cuoco e veniva da Monte San Savino. Fu un bel complimento per tutte noi donne che lavoriamo ai fornelli e teniamo molto alla riuscita della nostra sagra”.

Un motivo di orgoglio insieme alla bellezza dello stare insieme come sottolinea Cinzia, nuova generazione a raccogliere il testimone: “Il sugo lo prepariamo fresco ogni giorno e si lavora dalla mattina fino all’una di notte. E’ un piacere stare insieme, è bellissimo perchè c’è un clima sereno, si ride, si scherza anche se si lavora tanto… Io durante la settimana lavoro ma quando ho finito, mi cambio e vado di corsa in cucina: non ci rinuncerei mai a stare con loro”. Delfina, Ester, Antonietta sorridono e rispondono in coro: “La sagra è tutto il nostro paese, qui ci si vuole bene”.

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